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MINIERA
DEL RUGÈT E DINTORNI (GRAVERE, TO) |
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PROGRAMMA
DI RICERCA E VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO |
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Geomorfologia La
miniera si situa in un tratto del versante destro della media valle di Susa
caratterizzato da diffuse forme di erosione e depositi legati all’ambiente
glaciale. Nel corso dell’ultimo massimo glaciale, ovvero nell’intervallo
compreso tra 30.000 e 18.000 anni B.P., il ghiacciaio della Dora Riparia
raggiunse il suo massimo sviluppo altimetrico, arrivando in questo tratto
vallivo a 1300 m di quota (in corrispondenza dell’imbocco della miniera il
ghiaccio sovrastante raggiungeva uno spessore stimato in 400-450 m). A
Est dell’imbocco della miniera sono presenti alcuni rilievi con profilo
«tondeggiante» che testimoniano l’azione di modellamento esercitata dal
ghiacciaio sul substrato roccioso. In
numerosi settori del versante sono conservati lembi di modesto spessore e
piuttosto discontinui costituiti da depositi glaciali di fondo e
fluvioglaciali riferibili all’attività erosivo-deposizionale esercitata alla
base della massa glaciale. Nell’area circostante l’imbocco della miniera sono
stati osservati unicamente i consueti prodotti colluviali provenienti dalla
rielaborazione del deposito glaciale al quale si sono frammisti frammenti del
substrato roccioso carbonatico affiorante. Geologia La
miniera appare quasi interamente scavata all’interno dei marmi dolomitici, di
colore variabile da bianco-giallastro a grigio-rosato, attribuiti alla
piccola Unità Tettonica di Cantalupo. Nei primi metri a partire dall’imbocco
della miniera, il traverso-banco attraversa una massa di brecce carbonatiche
di natura tettonica contenente clasti di natura poligenica. Brecce del tutto
analoghe si osservano altrove, accompagnate da una tasca di circa un metro di
ampiezza costituita da sedimenti sabbioso-siltosi laminati nonché
sabbioso-ghiaiosi: si tratta presumibilmente di un’antica cavità carsica
(pliocenico-quaternaria?) successivamente colmata di sedimenti che nella
cartografia geologica recente sono stati attribuiti all’Unità del Séguret-La
Riposa. Alla
terminazione dei rami più occidentali della miniera, i marmi dolomitici
chiari passano gradualmente prima a marmi micacei, poi repentinamente
(presumibilmente per la presenza di un contatto tettonico) a marmi di colore
nerastro, in corrispondenza dei quali sembra anche terminare la
mineralizzazione (e di conseguenza l’esplorazione e la coltivazione). Quanto
rimane ed è tuttora visibile delle mineralizzazioni a solfuri misti oggetto
dell’attività estrattiva pare concentrarsi lungo le numerose faglie che
attraversano il substrato carbonatico. Lungo
le faglie sono infatti presenti zone di intensa fratturazione di ampiezza da
millimetrica a decimetrica costituite da fasce cataclastiche successivamente
permeate dai fluidi che hanno condotto alla deposizione dei solfuri e,
congiuntamente, a calcite in forma macrocristallina. Le faglie paiono
disporsi a costituire almeno tre sistemi di dislocazione, che rendono assai
complessa l’architettura del giacimento. La disposizione delle gallerie e dei
vuoti minerari, del tutto irregolare, pare riflettere l’originaria
irregolarità delle mineralizzazioni e quindi delle zone di faglia all’interno
delle quali esse sono ospitate. |
Panoramica del tratto intermedio della val di
Susa, con i rilievi in roccia arrotondati, modellati dal ghiacciaio
pleistocenico, che caratterizzano la zona tra Susa e Gravere. Tipico affioramento di marmi dell’Unità
Tettonica di Cantalupo lungo la Strada del Pian del Frais: è chiaramente
visibile una delle innumerevoli zone di faglia frequentemente incercettate
dalle gallerie di coltivazione. |
Mineralogia Nella
miniera il litotipo prevalente, che costituisce l’incassante della
mineralizzazione, è una dolomia massiccia, di colore grigio chiaro, con una
quantità di carbonato di calcio trascurabile (l’attacco con acido cloridrico
dà effervescenza da moderata ad assente). La
mineralizzazione è associata a fasce fortemente deformate, lungo le quali la
dolomia è intensamente brecciata e cementata da una matrice chiara di
composizione quarzoso-carbonatica. Tali fasce presentano nell’insieme una
geometria complessa, come evidenziato dall’orientazione fortemente variabile. La
mineralizzazione primaria è concentrata nella matrice quarzoso-carbonatica
della breccia ed è costituita da piccole concentrazioni di galena
(verosimilmente associata a solfuri e/o solfosali di argento) e probabile
bournonite, con molto subordinate calcopirite e pirite limonitizzata. Si
riconosce inoltre una mineralizzazione secondaria, rappresentata da
incrostazioni di carbonati di rame (azzurrite e malachite) lungo
microfratture. Ciò
concorda abbastanza bene con quanto riferisce la bibliografia mineraria
ottocentesca, che come oggetto di precedenti ricerche indica: –
nel 1835, «Piombo solforato, argentifero, a scaglia larga, misto al rame
solforato e carbonato, in una matrice quarzosa-calcarea [...] il 115/100,000
in argento, il 57. per cento in piombo ed il 6 per cento in rame»; –
nel 1873, «Galena argentifera a larghe faccie.
Filone con ganga calcare [...] Calcopirite, associata alla galena
[...] Azzurrite terrosa in piccola quantità [...] Bournonite, associata
alla galena»; –
nel 1893, «nei calcari marmorei di Gravère [...] galena argentifera con
calcosina». Ancora
di recente, la bibliografia collezionistico-mineralogica menziona galena e
calcopirite. ▼
Miniera del Rugèt a Gravere (sommario della guida e dati per ordinarla
all’editore) ►
la miniera (pannello didattico) ►
i dintorni della miniera (pannello didattico) ▼
Miniera del Rugèt e dintorni. La miniera (pieghevole) |
Tratto di
galleria che attraversa i marmi brecciati dell’Unità Tettonica di Cantalupo. Resti di mineralizzazione a solfuri misti sul paramento della miniera. |
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